Alla scoperta di: Rodolfo Lisi, tra i maggiori esperti in patologie del tennista

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Di Adamo Recchia

 

Intervistiamo oggi il dott. Rodolfo Lisi, uno dei maggiori esperti delle patologie legate alla pratica del tennis. Lisi ha pubblicato ben otto libri sul tennis: “Tennis e scoliosi (2007)”, “Tennis e salute (2009)”, “Tennis e patologie del rachide (2010)”, “Tennis ed epicondilite (2014)”, “Il tennis (2014)”, “Patologie degli arti inferiori nel tennista (2016)”, “Tennis, istruzioni per l’uso (2016)”, “Gomito del tennista (2017)”.

 

Come nasce la sua passione per il tennis?

Sin da piccolo mi sono appassionato al tennis soprattutto ammirando le gesta di campioni quali Edberg e, in campo femminile, Navratilova e Novotna. L’ho praticato dagli 8 anni ai 27 anni, partecipando a qualche competizione regionale.

 

E’ socio della STMS (Society for Tennis Medicine and Science), ci può spiegare quale è la mission di questa società?

E’ una Società Internazionale che raggruppa medici e fisioterapisti particolarmente orientati alla diagnosi, cura e studio dei disturbi muscolo-scheletrici del tennista. La società pubblica anche una rivista che riporta i più importanti studi sull’argomento, richiamando le necessarie correzioni nella tecnica di gioco.

 

E’ autore di molti libri inerenti il tennis, di cosa trattano queste pubblicazioni?

Ho pubblicato, sinora, otto libri sul tennis (il nono, dal titolo “Patologie del tennista”, uscirà a marzo di quest’anno). Le mie pubblicazioni riguardano le patologie più comuni del tennista: nel 2007 è uscito il mio primo lavoro, unico al mondo, sul rapporto “Tennis e scoliosi”. In quella ricerca ho dimostrato come il tennis non possa provocare o peggiorare la scoliosi, una grave deformità della colonna vertebrale.

 

Djokovic è rientrato agli Australian Open dopo sei lunghi mesi di stop per un problema al gomito, che tipo di patologia ha avuto esattamente?

All’inizio pensavo si trattasse di epitrocleite, dal momento che Nole ha modificato il gesto del servizio (responsabile, assieme al diritto, dell’insorgenza di tale patologia). Approfondendo tuttavia l’argomento, ho capito che il tennista soffre di un edema/ematoma da lesione spongiosa ossea. Tale diagnosi è stata fornita da uno dei fisioterapisti del suo staff, il dott. Zdenko Milinkovic, il quale infatti parla di “bone bruise”. Una patologia che necessita di riposo e di una cauta e graduale riabilitazione. Non vorrei che lo staff di Nole abbia affrettato il recupero e condizionato negativamente il recupero funzionale dell’arto destro.

 

Negli ultimi anni molti top player si sono dovuti fermare per lunghi periodi, qual è la causa di questi frequenti infortuni?

Ho sempre sostenuto che il calendario dei tornei ATP è troppo fitto di appuntamenti. Bisognerebbe snellire un po’ la programmazione. Bene ha fatto Federer a saltare molti appuntamenti lo scorso anno, preservando il suo fisico (non più giovanissimo) da reiterati carichi di lavoro. Il problema di Rafa è ormai ben noto: lo spagnolo soffre di una patologia molto severa alle ginocchia, la cosiddetta “sindrome di Hoffa”. Anche lui ha fatto bene a centellinare le sue apparizioni in campo. Per quanto concerne Murray, lo scozzese si è sottoposto ad una delicata, ma ben riuscita, operazione all’anca: se tutto andrà per il meglio, Andy potrà ritornare sui campi da tennis dopo la parentesi dei tornei sul rosso.

 

A suo avviso, come è possibile prevenire gli infortuni?

In campo amatoriale, è necessario ricorrere a racchette e corde che rispettino il proprio livello di gioco, evitando di emulare i campionissimi. Scegliere poi una superficie che consente lo “scivolamento controllato”, ovvero la terra rossa. Su queste superfici, il rischio di infortuni è minore rispetto al cemento e all’erba. Una ricerca del preparatore fisico di Berdych, Dott. Bastholt, ha evidenziato come i tennisti professionisti si infortunino maggiormente sul cemento e sull’erba. Nei top player, come già detto, il rischio è legato al numero di tornei giocati e soprattutto alla poca distanza di tempo che passa tra l’impegno su terra rossa in Europa e l’inizio delle competizioni su erba. Non credo tuttavia si possa porre rimedio: i contratti tra i tennisti, gli sponsor e i vari tornei non consentono, a mio avviso, un cambiamento di rotta, almeno nell’immediato.

 

Come fare per superare la paura post infortunio?

Il problema si pone soprattutto nei tennisti amatoriali, ma non credo sia un aspetto così rilevante. A mio avviso, il tennista della domenica deve cercare di evitare le recidive, cioè deve eliminare quei fattori che lo hanno costretto a smettere sia pur momentaneamente con il tennis. Quindi, maggiore attenzione al riscaldamento pre-gara e al condizionamento muscolare. Nei tennisti professionisti il problema non si pone: i campionissimi si avvalgono del mental coach, che li aiuta a superare psicologicamente il trauma dell’infortunio.