Matteo Berrettini: a star is born?

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A cura di Fabrizio Salvi, foto credit Adelchi Fioriti

 

Matteo Berrettini, a star is born? Forse si, forse no. Il tempo sarà galantuomo e saprà dire di più se il futuro del tennis italiano è in buone, oppure ottime mani. Quello che il 22enne romano lascia trasparire è una grande predisposizione al tennis moderno e un modo di porsi alle persone davvero garbato. Questo sarebbe già sufficiente per far stare tutti tranquilli, ma il resto lo spiegherà proprio Matteo Berrettini in questa intervista…

 

Ciao Matteo, siamo alla fine di un 2018 decisamente buono per te. Qual è la cosa che ti è piaciuta di più in questo anno?

“Ciao a tutti, la cosa che mi è piaciuta di più è il fatto di aver centrato l’obiettivo che mi ero prefissato col team, ossia quello di giocare più match Atp possibili. A inizio anno alla posizione numero 130 del mondo e sono riuscito a mettermi nelle condizioni di giocare solo tre Challenger e tutto il resto tornei del circuito principale, non era scontato che accadesse. Anche giocare gli Slam in tabellone è stato sicuramente importante”.

E provando a pensare a qualcosa che ti è piaciuta meno, cosa ti viene in mente?

“L’atteggiamento in certe situazioni è la cosa che mi è piaciuta meno, ma che comunque mi lascia fiducioso perché sento che c’è margine per migliorare. Diciamo che non sono riuscito ad esprimermi sempre come avrei voluto e a volte non sono stato così centrato, ma è una cosa sulla quale sto lavorando”.

Parli di atteggiamento, però mi sembra di poter affermare che da fuori non sembri affatto sopra le righe…

“Infatti, ma sono molto esigente con me stesso e finisco col chiedere troppo a me stesso. Bisogna non chiedersi troppo sennò si rischia di scoppiare, è una cosa molto importante da capire soprattutto quando si compie dei passi in avanti così velocemente come li ho fatti io. Quello che mi lascia delle sensazioni positive è che, dopo alcune delusioni, ci sono state belle reazioni”.

In un anno è cambiato tutto e adesso sei al 54esimo posto Atp, cosa cambierà il prossimo anno?

“Nel circuito sarò più conosciuto e adesso ci saranno più dati sulle mie partite, più video e molti giocatori che mi hanno già conosciuto. In realtà questo mi rende fiero, perché vuol dire che mi sono comportato bene”.

Quindi cosa ti aspetti di ottenere nel 2019?

“Sono convinto che il prossimo anno non sarà la mia miglior annata, poiché stiamo lavorando per puntare in alto e non abbiamo programmato di arrivarci subito, ma nei prossimi 2-3 anni con l’obiettivo di raggiungere il massimo livello”.

Allenarsi sul cemento diventerà quindi fondamentale…

“L’idea è quella di crescere su tutte le superfici, anche se dovrò migliorare il mio gioco sul veloce perché è una superficie dove non ci sono nato e mi sono adattato a giocarci, nonostante le caratteristiche suggeriscano il contrario”.

Chiudiamo ricordando quello che probabilmente è stato il momento più intenso della tua carriera, la vittoria del primo Atp 250 a Gstaad, hai cominciato a farti un’idea di quello che è successo?

“Ho cominciato a realizzare quello che è successo poche settimane fa (sorride, ndr) grazie ad un amico che mi ha ricordato di aver battuto Bautista Agut.. Mi sono chiesto come fosse stato possibile! Comunque le una cosa è un po’ particolare da spiegare perché, finché si sta nel circuito, uno non pensa a tutte queste cose, ma solo ad andare avanti, a migliorare e a fare meglio. Ogni tanto, però, è giusto fermarsi e riconoscere i propri meriti. Queste sono quelle cose che rimangono dentro e sono molto fiero di quello che ho fatto”.

 

I presupposti ci sono tutti, adesso resta proprio a lui, Matteo Berrettini, confermare di avere il physique du role per stare in alto.