Di Fabrizio Salvi
Una sorpresa per chiudere una stagione dalle mille sorprese. Grigor Dimitrov con in braccio la coppa dei Maestri spiega molto di più di un successo personale, eccezionale nel vero senso del termine, ma narra di un Master atipico, snocciolato in maniera controversa sin dalla prima domenica e che si è chiuso nel modo migliore. Una stagione che aspetta solo la vincitrice della finale di Coppa Davis (Francia/Belgio, 24-26 nov) per emettere le sue sentente e, nel frattempo, tocca a noi dare dei giudizi su chi ha ben figurato e chi ha deluso a Londra.
I MIGLIORI:
GRIGOR DIMITROV: La perfezione assoluta. Un Master vissuto da protagonista, con l’aggravante della pressione sulle sue spalle per un torneo che poteva schiacciarlo dalla pressione e, invece, ha finito col premiarlo. La “cura” Vallverdu ha funzionato e Grigor, salvo momenti di regressione verso le cattive abitudini tennistiche, è stato complessivamente il più continuo ed efficace. Tre set persi per strada su cinque partite, non un dominio, ma il sigillo verso la – forse – definitiva consacrazione di questo ragazzo. É lui il maestro del 2017 e si porterà in dote il fardello da numero 3 del mondo lui che, un anno fa esatto, era numero 17. Adesso viene il difficile, confermarsi.
DAVID GOFFIN: L’unica cosa della quale può rimproverarsi è l’essersi presentato per la seconda volta al master – prima da qualificato, l’altra era alternate – con problemi al ginocchio e un angolo della mentre rivolto verso la finale di Davis. Un bel pensiero, ci mancherebbe, ma che non può che responsabilizzarlo, essendo lui la punta di diamante della propria selezione su cui poggiano le speranze di succeso. Un cammino ondivago a Londra, con lo scalpo di Nadal, seppur acciaccato, e di Federer ad impreziosire il cammino verso la finale. Con Dimitrov ci aveva perso nel girone vincendo solo due game e lanciando sguardi preoccupati al proprio ginocchio sinistro. Ha ribaltato la situazione nell’atto conclusivo, ma non è bastato. Merita comunque di stare tra i migliori e, chissà, magari si rifarà il weekend prossimo.
JACK SOCK: Autentica rivelazione. 24esimo nella Race prima di Parigi Bercy, ha compiuto un’impresa autentica qualificandosi. Non una gita Londinese con la bella fidanzata Michala, ma una vera e propria ricerca del risultato della vita. Settimana passata col sorriso nel segno della qualità di gioco. Best ranking come numero 8 del mondo che potrebbe dargli lo slancio verso nuovi traguardi.
ROGER FEDERER: In un Master impoverito di grandissime firme e che ha visto l’auto-esclusione prematura di Nadal, era logico attendersi una cavalcata trionfale di Roger. Così è stato, almeno fino alla semifinale, nella quale si è scontrato con David Goffin e ci ha perso per la prima volta, quella meno opportuna per lui. Nel complesso qualche crepa l’ha manifestata: un nervosismo di lontana memoria e qualche scricchiolio dalla parte del rovescio. Non il miglior Federer possibile che chiude l’anno non nel modo che lui, e molti, si auguravano. 1.040 punti lo distanziano da Nadal nella corsa al numero 1 e una marea di punti da difendere, che 2018 sarà per Roger?
I PEGGIORI:
MARIN CILIC: Perde tutte e tre le sue partite nel girone Becker e si aggiudica la maglia nera. Lotta, quello si, e trascina tutti gli incontri al terzo set. Purtroppo per lui non è sufficiente. Era lecito attendersi di più da lui che, esclusi Federer e Nadal, era l’unico campione Slam degli otto partecipanti.
ALEXANDER ZVEREV: Rinunciare alle Next Gen Finals per partecipare al Master dei grandi può averlo caricato di una responsabilità eccessiva? Forse, di sicuro, dopo la sconfitta nella seconda partita con Federer, aveva la possibilità di battere Sock e accedere alle semifinali. Incontro che gli è scivolato via e gli ha lasciato una palpabile delusione. Avrà tempo per rifarsi, di sicuro questa era una grande occasione.
RAFAEL NADAL: Si è presentato per onore di firma, anche se le condizioni del ginocchio non erano ideali. Rafa non conosce mezze misure, o si sente bene oppure diventa un avversario battibile. Così è stato per Goffin che lo ha finalmente scavalcato e si è preso la rivincita dopo il misfatto di Montecarlo. Il ritiro dal torneo, annunciato al termine della partita, è sembrato un atto di amore verso il ginocchio che ha manifestato il suo dolore portandolo fino alla zoppia. Di buono c’è che ha chiuso l’anno da numero 1 e con Federer sufficientemente lontano. Le Finals restano una chimera per lui.
DOMINIC THIEM: Un’altra occasione sprecata perché, se è vero che il suo gioco sembra non amalgamarsi chimicamente col cemento – per giunta indoor -, è altrettanto inoppugnabile che sia arrivato a questo appuntamento con le batterie a terra. Quando la brillantezza manca finisce per cadere nei vecchi vizi, giocando due metri fuori dal campo nemmeno fosse stato al Foro Italico. Una settimana che lo deve far riflettere a lungo su più aspetti e la fronte – spesso aggrottata – del coach Gunter Bresnik vale più di mille parole. Chiude comunque l’anno da numero 5, speriamo ne faccia tesoro.
PABLO CARRENO BUSTA: Entra in corsa da alternate al posto di Nadal e il percorso è già in salita. Una sconfitta da rimediare per provare l’impresa di qualificarsi e lui, di imprese, proprio non ne compie. Perde dignitosamente con Thiem, al quale porta via un set, e tracolla con Dimitrov. Entrare in corsa non è mai facile. Chiude l’anno da numero 10 del mondo, questo è il vero risultato che per lui conta.