
Uno spettacolare match per uno spettacolare evento: due fuoriclasse assoluti hanno illuminato il Centre Court con un tennis di altissima qualità e dato vita ad una partita equilibrata, vibrante, decisa da pochi punti e condita da svariate soluzioni di classe sgorgate dalle racchette di entrambi i giocatori. Uno spettacolo indimenticabile e l’ennesima pagina di storia scritta sui prati dell’All England Club.
Per la prima volta una finale a Church Road è stata decisa da un tie-break al quinto set ed è incredibile che sia successo proprio al primo anno in cui è stata istituita questa regola.
A spuntarla è Novak Djokovic che vince il suo quinto Wimbledon in carriera, intarsiando un’altra tacca nella storia del tennis in cui il serbo si sta iscrivendo come uno dei più grandi di sempre. Eguagliato il mostro sacro Borg, superati di slancio due miti dell’erba come Becker e Edberg, Nole ora insidia i primati di Sampras (7) e Federer (8).
Gli Slam ora sono 16 e non è mistero che il serbo punti ai record di Rafa (18) e Roger (20) e vista la vulnerabilità dello spagnolo fuori dalla terra e le 38 primavere dell’elvetico, le speranze di farcela sono più che concrete. Tornando a Wimbledon, è certo che l’erba negli ultimi anni sia stata radicalmente modificata e non solo per il famoso cambio “mescola”, ma anche per un meteo sempre più caldo e secco, frutto dello slittamento del torneo a luglio inoltrato che fa apparire i tetti del Centrale e del Campo 1 come degli orpelli inutilmente costosi.
Il serbo era arrivato alla finale con un tabellone estremamente generoso e con il serbatoio bello pieno, al contrario del quasi 38enne Federer, che venerdì aveva dovuto superare la sua eterna nemesi, Rafa Nadal, in quattro set impegnativi. Il fattore atletico è stato determinante, quanto la capacità di Djokovic di giocare al meglio i punti importanti, ovvero tutti e tre i tie-break, nonostante Federer abbia avuto svariate opportunità di break, addirittura set point nel terzo e due match point sull’8-7 del quinto.
Ancora una volta, Roger vede sfumare uno Slam in finale con Djokovic dopo essersi visto annullare due match point consecutivi, così come era accaduto agli US Open 2014.
Il serbo non è stato però esente da lunghi buchi di concentrazione, come indicano chiaramente i due set persi (secondo e quarto) in cui ha raccolto complessivamente cinque giochi. Dall’altra parte si è visto un Federer splendido e commovente, non solo creatore di opere d’arte, costretto alla costante variazione di colpi per scalfire quel muro umano chiamato Djokovic, ma anche lottatore indomito e atleta formidabile capace di reggere cinque ore di gioco dopo due settimane di torneo.
Il tutto si decideva al quinto set: Roger si salvava sul 2-1 annullando tre palle break con altrettante magie, ma alzava bandiera bianca sul 3-2 quando veniva infilato da un passante di rovescio. Finita? Macché, lo svizzero nel gioco successivo si riprendeva il break di svantaggio sfidando il serbo sul suo terreno preferito, lo scambio prolungato da fondo. Partita riaperta, mentre il Centre Court esplodeva di entusiasmo.
Si proseguiva fino al 7-7, quando due errori di diritto consecutivi e un passante di diritto vincente di Roger, regalavano alla svizzero la possibilità di servire per il match.
Federer si portava rapidamente sul 40-15. Con il nono titolo ad un passo, l’elvetico spediva un diritto in corridoio e subiva un passante di diritto vincente di Djokovic dopo una frettolosa discesa a rete. In un lampo Nole si riprendeva il break di svantaggio e rimetteva tutto in discussione.
Federer nonostante lo shock reagiva bene e si arrivava al 12 pari quando la finale era già diventata la più lunga di sempre. Nello zenit del match però, il pathos veniva subito cancellato da un serve and volley scentrato da Federer che voleva dire mini-break. Djokovic era ancora una volta implacabile, accumulava il vantaggio, mentre Roger avendo smarrito la prima di servizio, si ritrovava senza appigli.
Bastava il primo match point sul 6-3: Federer steccava un diritto che finiva alle stelle e Djokovic, quasi a sfidare il Centre Court che aveva tifato per tutta la partita in favore del suo avversario, neanche esultava, limitandosi ad un sorrisetto sardonico e a mangiare un paio di fili d’erba.
Nole non riscuoterà la simpatia di tutti, ma oggi a parte un piccolo gesto di frustrazione nel quinto set, si è comportato in maniera esemplare e giocato un match strepitoso. Fortunato forse nei due match point annullati, ma sicuramente più freddo ed efficace nei tie-break, rispetto ad un Federer che ancora una volta deve maledire di essere nato con tutto, tranne che col killer-istinct.
In ogni caso, giocare un match di 5 ore a questo livello a 37 anni e dopo aver vinto tutto il vincibile, è un qualcosa di assolutamente fuori da ogni logica, oltre che un esempio per tutti gli sportivi del mondo. E se da una parte questa sconfitta farà male a lui e ai suoi tifosi, dall’altra ci riconsegna un giocatore che potenzialmente può giocare ad altissimi livelli ancora per molto tempo. Come ha detto lo stesso Roger a fine match, a 37 anni non è ancora finita.
Si tratta complessivamente del 54esimo Slam vinto dai Fab 3, che continuano a confermarsi come esseri appartenenti ad un’altra galassia. Fossimo nella Next Gen, inizieremmo a pensare di cambiare mestiere…
FINALE UOMINI
[1] N. Djokovic b. [2] R. Federer 7-6(5) 1-6 7-6(4) 4-6 13-12(3)
di Daniele Rossi
			
















