L’inchiesta: perchè la Cina non riesce a sfondare?

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    di Daniele Rossi

    ANALISI

    SUPER POTENZA

    La Cina moderna si sta imponendo come una delle super potenze mondiali, grazie ad un’impressionante crescita economica avvenuta negli ultimi due decenni.

    E’ lo stato più popoloso del mondo, è la seconda economia più grande al mondo sia come PIL totale nominale, sia per parità di potere d’acquisto; è anche il più grande esportatore e importatore di merci. A livello militare, la Cina possiede il più grande esercito di terra del pianeta e il suo budget per la difesa è secondo solo agli Stati Uniti. Nel 2010 la Repubblica Popolare Cinese ha sorpassato gli Usa nella percentuale della produzione manifatturiera mondiale, strappando un primato che gli americani detenevano da più di un secolo.

    La città di Shenzen è il simbolo della nuova Cina. Fino agli anni ’80 era una povera città portuale abitata da 30.000 persone, adesso è un polo industriale all’avanguardia, con una popolazione di oltre 3 milioni di abitanti. Il 90% della componentistica elettronica del mondo si produce qui e gli esperti del settore sono convinti che la provincia di Shenzen sia destinata a soppiantare la celeberrima Silicon Valley.

    SPORT & SOLDI

    Il boom economico ha portato all’espansione della cosiddetta classe media. Questa classe si è trovata improvvisamente con soldi e tempo da spendere ed è qui che si è insinuato il mercato occidentale, con le sue sterminate proposte di intrattenimento.
    Lo sport ovviamente è una di queste ed è quasi inutile ricordare ciò che sta succedendo nel mondo del calcio. Non solo Inter e Milan, non solo gli acquisti folli da parte delle squadre della Chinese Super League, ma anche un progetto a lungo termine orientato a rendere competitiva la nazionale di calcio per ospitare i Mondiali del 2030.

    Il tennis è sbarcato in Cina già da parecchi anni, prima ancora del miracolo economico degli ultimi due lustri. Le Atp Finals giocate a Shanghai dal 2005 al 2008 hanno aperto le porte. Per il 2018 sono in calendario 4 tornei nel circuito maschile (Chengdu, Shenzen, Pechino e Shanghai) e ben 9 nel circuito femminile (Shenzen, Nanchang, Guangzhou, Wuhan, Pechino, Tianjin e Zhuhai, includendo anche Hong Kong e Taiwan, che formalmente fanno parte dello stato cinese).

    Follow the money, dicevano nel leggendario film ”Tutti gli uomini del Presidente”. Il tennis segue i soldi. Il tennis va dove c’è denaro e al momento il denaro è in Oriente.

    Gli imprenditori sono stati sostituiti dagli Emiri, le industrie dalle banche di investimento, gli sponsor da joint venture di una ristretta cerchia di multinazionali che si spartiscono la torta. E così come i cinesi stanno sacrificando la loro cultura soppiantandola con quella –per altro declinante a causa di altri fattori- occidentale, così Atp e Wta stanno abbandonando una tradizione costruita lungo tutto il secolo del ‘900 per abbracciare un nuovo pubblico col bagaglio tennistico vuoto ma il portafoglio pieno.

    Entusiasmo e competenza però sono ancora tutti da costruire. Nel circuito femminile si vedono costantemente tribune vuote anche per semifinali e finali, mentre nel circuito maschile l’impressione che il pubblico capisca ben poco di quello che vede è palpabile. Roma non è stata costruita in un giorno: ci vorrà ancora tempo prima che la Cina e i suoi vicini di casa raggiungano il livello di Europa e Stati Uniti.

    SUCCESSI OLIMPICI

    La Cina, oltre ad essere diventata una super potenza mondiale sotto il profilo economico e politico, lo è anche dal punto di vista sportivo.

    Basta guardare il medagliere delle ultime 7 Olimpiadi estive:

    • Barcellona 1992: 4° posto, 54 medaglie di cui 16 d’oro
    • Atlanta 1996: 4° posto, 50 medaglie di cui 16 d’oro
    • Syndey 2000: 3° posto, 59 medaglie di cui 28 d’oro
    • Atene 2004: 2° posto, 63 medaglie di cui 32 d’oro
    • Pechino 2008: 1° posto, 100 medaglie di cui 51 d’oro
    • Londra 2012: 2° posto, 89 medaglie di cui 38 d’oro
    • Rio de Janeiro 2016: 3° posto, 70 medaglie di cui 26 d’ oro

    Ne deriva una media di 69 medaglie, di cui 29 d’oro a edizione negli ultimi 25 anni (se ve lo state chiedendo, la media dell’Italia è 29 medaglie, di cui 9 d’oro).

    Sono numeri impressionanti, secondi solo a quelli degli Stati Uniti. Leggere solo le cifre però sarebbe miope, perché le medaglie cinesi arrivano a frotte in alcune selezionate discipline.

    Prendiamo in considerazione la trionfale Olimpiade casalinga del 2008.

    La Cina ha primeggiato nei tuffi (7 medaglie d’oro su 8 specialità), nella ginnastica artistica (9 medaglie d’oro), nello shooting (5 medaglie d’oro), nel tennis tavolo (4 medaglie d’oro su 4) e nel sollevamento pesi (4 medaglie d’oro).

    Discorso opposto nella ‘Disciplina Regina’, ovvero l’atletica leggera. I padroni di casa non sono stati in grado di vincere neanche una medaglia d’oro, a fronte di soli 2 bronzi e un argento, per altro tutti vinte da donne. Donne che hanno tenuto alto l’onore cinese negli sport di squadra con argento e bronzo nel beach volley e il bronzo nella pallavolo.

    Come si può notare la Cina ha saputo conquistare discipline in cui solitamente c’è poca concorrenza o in cui può vantare una tradizione propria (tennis tavolo) o una tradizione retaggio dell’Unione Sovietica (ginnastica artistica e sollevamento pesi). Gli sport citati inoltre offrono peculiarità che andremo ad esaminare tra poco.

    MOTIVAZIONI

    Messe le carte sul tavolo, possiamo andare ad esaminare il quesito oggetto di questa inchiesta. La Cina ha i soldi, ha i tornei, ha un serbatoio umano enorme, ha successo negli sport, eppure perché non riesce a produrre tennisti uomini di alto livello?

    Proviamo a dare qualche risposta:

    Assenza di tradizione

    Tradizione è una parola ricorrente in questo articolo, proprio perché la tradizione nel tennis è fondamentale. La Cina non ce l’ha. E’ stato visto per decenni come uno sport d’elite, per ricchi e figlio del capitalismo, ragion per cui nella Cina comunista era quasi inesistente. La tradizione non si crea con i soldi.

    Assenza di un traino

    L’oggetto della nostra piccola inchiesta è il tennis maschile, perché come sappiamo la Cina può vantare una delle campionesse più amate degli ultimi anni, Na Li. Vincitrice di 2 Slam (Australian Open e Roland Garros, numero 2 del mondo nel febbraio 2014) si è ritirata nel 2015, lasciando un enorme vuoto nel tennis cinese e mondiale. La sua simpatia e il suo carisma erano unici, nonché la faccia di una Cina differente, quella capace di affermarsi come individuo. Na Li infatti non è stata figlia del sistema, ma piuttosto delle sue scelte coraggiose, come quella di sposare il suo attuale marito Jiang Shan (detto Dennis) ed evitando una sorta di matrimonio combinato con un coach più vecchio di lei voluto dalla Federazione. Na Li in patria è una star e per le donne confrontarsi con lei è più un problema che uno stimolo. E’ stata talmente grande che nessuna delle giocatrici si sente all’altezza. Per gli uomini, come spesso accade in altri paesi (Italia compresa), il successo nel tennis femminile non ha spostato gli equilibri e per i giovani giocatori cinesi gli idoli da emulare rimangono Federer e Nadal, non certo Na Li.

    Altezza media

    I cinesi devono anche scontrarsi con un semplice gap fisico. L’altezza media degli uomini cinesi (secondo una rivelazione effettuata nel 2012) è di 167 centimetri (con gli estremi dei 166 cm nelle zone rurali e di 174 cm nell’area di Pechino). L’altezza media dei primi 20 giocatori del ranking Atp al Novembre 2017 è sopra i 190 centimetri. E se vogliamo ‘dimenticarci’ della generazione attuale con i vari Cilic, Anderson, Querrey, Isner, Berdych e compagnia, la situazione della Next Generation è quasi uguale. L’altezza media degli 8 partecipanti delle Next Generation Atp Finals di Milano è di 189 centimetri. E’ vero, ci sono le eccezioni, ma per un Yao Ming (celeberrimo ex cestista NBA, alto 229 cm) ci sono miliardi (letteralmente) di ragazzi che non arrivano al m 1,70.

    Gestione statale

    Secondo gli organi ufficiali del Paese, la svolta capitalistica dell’economia cinese è giustificata ideologicamente dalla teoria che la Cina si trovi in una Fase Primaria del Socialismo, in cui deve sviluppare le sue forze produttive ed un’economia di mercato prima di poter passare definitivamente al modello socialista. Non dobbiamo infatti dimenticarci che tutto il potere è in mano al Partito Comunista Cinese; e quando si dice tutto, si intende ovviamente anche lo sport e quindi anche il tennis. Da quando il tennis è tornato ad essere uno sport olimpico (1988), il governo ha preso ad investire con un’imponente rete di Accademie costruite in tutto il paese. In particolare, il progetto ‘Swing for the Stars’, lanciato nel 2007, ha iniziato a lavorare sui più giovani (dai 12 anni in su), mettendo loro a disposizione circa 100 coach, distribuiti in tutte le Province. Anche la tecnologia ha fatto la sua parte con l’implementazione di corsi di allenamento on line. Sono stati ingaggiati allenatori stranieri, in particolare gli statunitensi Jeff Bearup e Dennis Ralston, senza dimenticare i contributi di Michael Chang (popolarissimo in Cina dove è conosciuto con il suo nome in mandarino, Zhang Depei) e Carlos Rodriguez, il coach argentino entrato nel mondo cinese grazie alla fruttuosa collaborazione con Na Li. Rodriguez si è trasferito con tutta la famiglia a Pechino per condurre la più importante Accademia nazionale e al momento collabora strettamente con Yibing Wu, il 18enne che ha vinto gli Us Open Junior.

    Le importanti risorse messe a disposizione dallo Stato per il tennis però sono una lama a doppio taglio. La Cina, anche nello sport, è strutturata in Province, che ricevono fondi dallo Stato sulla base dei risultati ottenuti nell’ambito dei campionati nazionali. L’obiettivo principale dunque è vincere questi campionati nazionali, concentrandosi sulla realtà locale, più che su quella mondiale. L’effetto è l’inevitabile mancanza di progettualità a lungo termine e ad ampio respiro nella crescita dei giocatori.

    Mentalità collettivista

    Il Comunismo si riflette ancora in un certo tipo di mentalità di stampo sovietico. Come anticipato, la Cina alle Olimpiadi domina nelle discipline in cui la tecnica di fondo è estremamente ripetitiva e uguale per ogni atleta. I coach di tennis sono dunque portati ad insegnare a tutti le stesse cose, nello stesso identico modo, senza tenere conto delle caratteristiche dell’individuo. Il tennis è lo sport individuale per eccellenza, dove le peculiarità atletiche, tecniche e caratteriali di un atleta devono essere esaltate e non cancellate.

    Mentalità capitalista

    Mentalità collettivista, ma anche estremamente capitalista. Nella Cina vivono ancora due anime difficilmente conciliabili. Se da una parte il retaggio comunista continua a spersonalizzare l’individuo, dall’altra il successo economico ha portato le nuove generazioni a volere (e ottenere) tutto e subito. Il tennis è uno sport duro e faticoso, in cui bisogna lavorare duramente tutti i giorni, senza avere la garanzia di vincere (o guadagnare) nulla. Per i cinesi figli dell’espansione, è un concetto difficile da digerire, che li porta a scegliere altri sport o altre attività.

    Figlio unico

    Dal 1979 al 2013, la Cina ha intrapreso la cosiddetta ‘Politica del figlio unico’. Al fine di controllare una popolazione in costante aumento, il Governo dapprima impedì alle famiglie di fare più di un figlio, poi allentò le corde comminando solo sanzioni pecuniarie. Ora le famiglie possono avere due figli senza incorrere in sanzioni. Questa politica ha sì contribuito al controllo demografico (per altro non con i risultati sperati), ma ha portato ad un inevitabile invecchiamento della popolazione e ad altri problemi economici e sociali.

    Con un solo figlio da accudire, le famiglie si sono sempre più attaccate ad esso, tendendo a viziarlo e a farlo maturare molto più tardi. Si parla sempre degli italiani ‘mammoni’, ma anche in Cina si sta assistendo sempre di più a questo fenomeno per cui i figli lasciano sempre meno e sempre più tardi la casa materna. Un problema che si ripercuote per ovvi motivi nel tennis, sport in cui l’autonomia e la disponibilità a girare per il mondo sono indispensabili.

    L’ECCEZIONE

    YIBING WU

    Al Novembre 2017 i primi tre giocatori cinesi nel Ranking Atp sono Ze Zhang (27 anni, numero 194), Di Wu (26 anni, numero 243) e Zhe Li (31 anni, numero 266). Giocatori da Challenger e Futures, lontanissimi dal tennis che conta. Qualcuno però ha le carte in regola per cambiare tutto.

    Lo abbiamo citato prima, Ybing Wu. Nato nel 1999 ad Hangzhou (la prossima Shenzen, con oltre 6 milioni di abitanti, quindici università e la sede del colosso informatico Alibaba), Wu ha iniziato a giocare a tennis da bambino per perdere peso, ma la sua prima memoria tennistica risale al 2005, quando vide l’incredibile finale del Masters di Shanghai tra Federer e Nalbandian, vinta dall’argentino. Alto m 1.80, Wu, è un baseliner aggressivo con dei colpi a rimbalzo solidi ed equilibrati. Ciò che impressiona nel suo tennis è l’anticipo con cui colpisce la palla e la velocità di braccio. Tutto da migliorare invece il servizio e il gioco di rete.

    Nel 2017 ha vinto il suo primo Challenger a Shanghai, si è affacciato per la prima volta nel tennis dei grandi (ha giocato e perso al primo turno nell’Atp 250 di Chengdu e nel Master 1000 di Shanghai), ma ha avuto la sua settimana di gloria a New York, dove ha vinto gli Us Open Junior in singolare e in doppio (con il taiwanese Hsu Yu-hsiou).

    Fa spola tra Cina e Madrid ed è allenato dallo spagnolo Nahum Garcia Sanchez, con la collaborazione di Carlos Rodriguez. Vincere Slam tra i Junior non è sempre sinonimo di successo tra i Pro, ma la storia è fatta apposta per essere cambiata.

    CONCLUSIONI

    Non possiamo sapere se Wu arriverà tra i primi 100, se sarà un Top 10 o un campione Slam, ma è certo che il movimento tennistico sembra avere bisogno di un campione cinese che possa aprire le porte a queste nuova frontiera.

    La Cina però, se vuole davvero creare un movimento, dovrà necessariamente cambiare impostazioni di lavoro e mentalità, magari copiando qualche segreto da chi è arrivato prima di loro, in quello sono imbattibili.