Alla scoperta di: Pietro Licciardi

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Di Alessandro Terziani

Licciardi, classe 1994, fino ai diciotto anni era uno dei migliori prospetti italiani. Non a caso ho avuto modo di veder giocare il mancino ravennate a Wimbledon nel 2012 dove, insieme a Quinzi, Donati e Napolitano, rappresentava l’Italia nel tabellone junior. Cinque anni dopo, Pietro è n.591 (best ranking 556) e si dibatte ancora nell’inferno dei Futures. Lo incontriamo a Sinalunga, dove difende i colori del circolo della Valdichiana in A1 da ormai tre anni.

Per iniziare l’intervista mostro a Pietro alcune foto che lo ritraggono in azione a Wimbledon. I suoi occhi grigi si illuminano.

 

Pietro, che ricordi hai di quella esperienza nel Tempio del Tennis?

Mi ricordo tutto come fosse adesso. Nel singolare persi negli ottavi dal canadese Peliwo che poi vinse il torneo. In doppio, con Donati, raggiungemmo la finale dove fummo battuti da un certo Kyrgios in coppia con Harris.

Con Quinzi, Baldi, Donati e Napolitano eri una delle promesse del tennis italiano, poi cosa è successo?

L’anno successivo, a 19 anni, mi sono ritrovato praticamente a ripartire da zero. Zero tornei Futures/Challenger disputati, zero punti ATP. Mentre le altre Federazioni sono consapevoli che l’attività da junior è una fase di transizione, per la FIT è un punto di arrivo. Il Sistema Italia, non parlo solo di Federazione ma anche di genitori e giocatori, punta molto a conquistare titoli a livello giovanile. In altri paesi si alterna l’attività giovanile a quella open. L’approccio al tennis professionistico è più graduale. Non nego che non mi abbia fatto piacere giocare nei tornei junior dello Slam, anzi, ma a posteriori la ritengo una programmazione errata. Il passaggio ai tornei ITF è stato per me quasi uno shock.

La Federazione ha comunque continuato a seguirti anche terminata l’attività junior?

Si, ho continuato ad allenarmi con Furlan a Tirrenia fino a fine 2015. Poi mi sono preso una pausa e sono andato a Vienna da Bresnik che avevo già avuto modo di conoscere poiché allenava i miei coetanei Dominic Thiem e Dennis Novak, entrambi classe 1993, che avevano avuto un percorso di crescita importante anche nel circuito ATP. In Austria ho scoperto una realtà molto diversa dalla nostra. Là giocano molto a tennis, danno un minore spazio all’atletica e viaggiano per tornei da soli. Per un giocatore che non sia nato con questa mentalità è molto difficile adattarsi. Non mi sono trovato bene e ho deciso di tornare in Italia.

Dove ti alleni adesso?

E’ il secondo anno che mi alleno da Piatti a Bordighera con Brandi e Volpini.

La stagione appena terminata ha visto il tuo primo successo in un Futures in Romania…

A dire la verità non sono pienamente soddisfatto della stagione. Ho chiuso quasi al best ranking ma ho perso ben venti volte al primo turno in trenta tornei disputati. Sicuramente potevo far meglio.

Cosa ti rimproveri esattamente?

Di aver giocato troppe settimane consecutive. Dovevo, con chi mi segue, programmare meglio la stagione. Poi non ho saputo gestire bene a livello mentale il periodo successivo alla mia fortunata trasferta in Romania. Sia io che i miei allenatori ci siamo creati aspettative che mi hanno creato troppa pressione. Come conseguenza ho perso cinque volte di seguito al primo turno. Adesso sto lavorando molto con il mental coach per superare questi miei limiti. Al di là dei risultati ritengo comunque che sia stata una stagione di grande crescita. Sono molto più consapevole delle mie carenze e del fatto che posso lavorarci per superarle.

Che potenziale pensi di avere e che obiettivi ti poni per il 2018?

Non lo so e non voglio mettermi troppa pressione addosso. Ho degli obiettivi di risultato per la prossima stagione, riuscire a giocare le qualificazione dei tornei dello Slam.

Quindi entrare nella top 250?

Esatto. Per fare questo dovrò lavorare e migliorare molto in tutti gli aspetti: tecnici, tattici e mentali. Sarebbe un salto in classifica di oltre 300 posizioni ma è alla mia portata, si tratta di inanellare qualche buon risultato di fila. Una continuità di rendimento che finora non ho avuto.

Un po’ quello che ha fatto Filippo Baldi che da agosto, in soli tre mesi, da n.750 è adesso n.350…

Filippo per me è quasi un fratello. Quest’anno ha fatto la scelta giusta di trasferirsi a Palermo da Cinà e Aldi. Ha trovato le persone e l’ambiente adatto per lui. Non sono sorpreso dai suoi risultati. A Filippo non manca nulla per arrivare, doveva solo riordinare le idee e cogliere il momento.

Pietro Licciardi durante l’intervista

Cosa pensi delle nuove regole che sono state proposte durante le Next Gen ATP Finals?

Ne ho parlato con Borna Coric, che subito dopo il Masters è venuto ad allenarsi a Bordighera. Mi ha confidato che non si è trovato per niente bene con le nuove regole. Personalmente salverei solo il timer tra un punto e l’altro e la possibilità di dialogare con l’allenatore tramite microfono. L’adozione delle altre regole rischierebbe di far diventare il tennis completamente un’altra cosa. Secondo me non se ne farà nulla.

Per il terzo anno difendi i colori del Tc Sinalunga in A1, come ti trovi?

Mi trovo benissimo, come in una grande famiglia. Mi hanno preso in un mio momento non proprio felice e mi hanno dato fiducia. Non posso che ringraziarli.

E noi ringraziano te per la grande disponibilità, con l’augurio che il cerchio della tua carriera si chiuda in futuro nuovamente a Wimbledon.